L’unitarietà del percorso nella Rete locale di cure palliative:
qualche elemento di chiarezza

COSIMO DE CHIRICO1, GINO GOBBER2

1Consulente Cure Palliative presso l’ULSS 1 e presso ULSS 2 del Veneto; già Direttore UOC Cure Palliative ULSS 4 Veneto Orientale, già responsabile del Coordinamento Regionale Veneto di Cure Palliative e Terapia del Dolore; 2Presidente SICP.

Pervenuto il 5 settembre 2022.

Riassunto. La Rete locale di cure palliative (RLCP) rappresenta il modello organizzativo che la normativa vigente prescrive per il governo della presa in carico dei malati in fase avanzata e terminale di malattia, indipendentemente dal tipo di patologia e dall’età. L’unitarietà delle cure palliative domiciliari, nei due livelli base e specialistico, viene garantita dell’Unità di cure palliative. L’identificazione precoce dei malati con bisogni di cure palliative, l’approccio palliativo e l’inserimento dei malati nella RLCP permettono di gestire i bisogni di malati e familiari con vantaggi per tutte le componenti del sistema di cura.

Parole chiave. Cure palliative, Rete locale di cure palliative, cure domiciliari, approccio palliativo.

The unity of the path in the Local Palliative Care Network: some elements of clarity.

Summary. The local Network of palliative care (RLCP) represents the organizational model that the current legislation prescribes for the management of the care of patients in the advanced and terminal stages of the disease, regardless of the type of pathology and age. The unity of home palliative care, in the two basic and specialist levels, is guaranteed by the palliative care Unit. The early identification of patients with palliative care needs, the palliative approach, and the inclusion of patients in the RLCP make it possible to manage the needs of patients and families with benefits for all components of the care system.

Key words. Palliative care, local Network of palliative care, home care, palliative approach.

Ci sono occasioni e possibilità che passano poche volte nella vita, magari una sola, e vanno colte con tempestività; quella proposta dalla normativa e dalla situazione contingente per lo sviluppo delle Reti di cure palliative è una di queste ed è preziosa. È bene tenerlo a mente ed è necessario operare con determinazione e chiarezza di idee, a partire da qualche definizione, da rivedere alla luce del contesto, e dai contenuti che le definizioni sottendono.

Il modello organizzativo che il legislatore ha individuato per la governance della presa in carico dei pazienti con bisogni di cure palliative è quello di Rete. Coordinata dall’Unità di cure palliative, la Rete locale di cure palliative (RLCP) garantisce sia l’unitarietà dei percorsi delle cure domiciliari, dalle fasi più semplici alle fasi complesse in relazione all’avvicinarsi della fine della vita, sia la continuità delle cure tra i vari setting assistenziali che compongono la RLCP quali: le cure palliative domiciliari di base e specialistiche, l’ospedale, l’hospice, la residenzialità non dedicata. Queste caratteristiche di funzionamento della RLCP rappresentano un argine contro la frammentazione dei processi assistenziali che, se non adeguatamente coordinati da una struttura di riferimento, comportano rischi di ripetuti ricoveri ospedalieri e interventi diagnostici e terapeutici inappropriati e costosi, con scarso beneficio per i pazienti e per i loro familiari.

I bisogni di salute sono in continuo cambiamento a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento della prevalenza e dell’incidenza delle malattie croniche evolutive con bisogni di cure palliative. La RLCP deve necessariamente adeguarsi per garantire non solo cure di qualità, ma anche equamente distribuite a tutti coloro che ne hanno bisogno e a costi economici e professionali sostenibili. In altri termini stiamo vivendo un aggiornamento delle modalità organizzative per sostenere un nuovo paradigma delle cure palliative con uno sguardo rivolto a tutte le persone con patologia cronica e con limitata aspettativa di vita, a prescindere dalla prognosi e della presenza o meno di terapie attive, centrato sui bisogni del paziente e della famiglia e senza distinzioni di sorta.

L’allargamento della platea di persone con necessità di cure palliative coincide con l’indicazione ad una presa in carico anticipata foriera di migliori risultati; questo comporta inevitabilmente che le nuove modalità organizzative coinvolgano un numero maggiore di professionisti, dedicati e non dedicati, e siano accompagnate da nuove competenze cliniche e assistenziali e da un impiego utile delle possibilità proposte dalla tecnologia.

Il tema dell’unitarietà delle cure palliative domiciliari è esplicitamente affrontato dall’intesa Stato-Regioni del 25 luglio 20121 che attribuisce all’Unità di cure palliative il compito di garantire tutto il percorso, dalle cure palliative di base, coordinate dai medici di medicina generale, alle cure palliative specialistiche, tra loro interagenti in funzione della complessità dei bisogni.

Il percorso di cura in realtà inizia prima dell’attivazione della Rete di cure palliative, a cominciare dall’identificazione dei pazienti, prerequisito fondamentale per garantire l’equità all’accesso alle cure, e dall’avvio all’approccio palliativo. L’identificazione e il progressivo cambio della prospettiva e degli obiettivi della cura (l’avvio dell’approccio palliativo) per i pazienti con malattie croniche evolutive sono compiti dello specialista di organo o di malattia e, soprattutto, del medico di medicina generale (MMG), che ha in carico il paziente, conosce la sua storia clinica e il suo contesto sociale e ambientale di vita.

Per approccio palliativo va inteso l’insieme delle attività da mettere in atto per assistere le persone con malattia cronica evolutiva nel setting delle cure primarie: l’avvio della conversazione sulla consapevolezza della diagnosi e della prognosi e della raccolta dei desideri e delle aspettative, la prima valutazione dei bisogni del paziente e della famiglia, la prima pianificazione dei nuovi obiettivi delle cure.

È bene chiarire che nello scenario dei percorsi di cura l’approccio palliativo si colloca prima e non al posto dell’intervento della RLCP; per l’attuale capacità del SSN di garantire il LEA Cure Palliative, la presa in carico con le modalità del lavoro in équipe e la gestione in un sistema di Rete, quale che sia il livello di intensità assistenziale concordato tra i professionisti e con il paziente ed il suo entourage, è l’unica garanzia di equità, continuità delle cure e sostenibilità nel medio-lungo periodo da parte degli operatori coinvolti e non conosce, al momento, alternative valide. Ogni altra ipotesi, rebus sic stantibus, rischia inevitabilmente di scivolare nell’autoreferenzialità del singolo professionista, avulsa dai benefici del confronto e della collaborazione tra pari che solo il lavorare insieme può garantire.

La valutazione multidimensionale (VMD) con l’utilizzo di strumenti validati effettuata dal singolo operatore o dall’équipe precede e accompagna l’accesso alla RLCP con la definizione del Piano assistenziale individuale (PAI) sulla scorta dell’analisi dei bisogni emersi. Il PAI sottende tre obiettivi:

individuare e proporre gli interventi necessari per far fronte ai bisogni espressi dal paziente e dalla famiglia;

scegliere il profilo di cura più appropriato in base alla complessità dei bisogni (cure palliative di base, cure palliative specialistiche);

valutare gli esiti del progetto assistenziale.

È in relazione agli esiti della VMD che la presa in carico nella RLCP è integrata dagli interventi sociali ritenuti opportuni.

La scelta del profilo di cura appropriato nell’ambito della RLCP è frutto della valutazione del grado di complessità dei bisogni assistenziali. La diagnosi di “complessità” richiede, attraverso la valutazione multidimensionale e multiprofessionale, di identificare una serie di elementi che permettano di classificare la condizione specifica del paziente secondo scale validate già presenti e disponibili.

La complessità nella presa in carico nella Rete di cure palliative dipende da due fattori: fattori relativi alle condizioni del paziente e della sua famiglia, che richiedono la VMD, e fattori relativi ai clinici coinvolti nell’assistenza e alla loro percezione di complessità dei bisogni di quel singolo paziente.

La Rete è inclusiva per definizione e si giova del contributo di ciascun operatore; imparare a stare e a lavorare in un sistema di rete è difficile quanto imparare a lavorare in équipe.

Questo contributo di chiarezza, semplice, intuitivo ed in linea con la normativa, va visto come un punto di passaggio pragmatico verso un sistema più complesso ed articolato ma, al momento, fuori portata, a nostro giudizio. In ogni caso, i vantaggi generati sono tanti e per tutti:

per i pazienti, che accedono a standard di cura e assistenza omogenei e dichiarati in un sistema di protezione;

per le famiglie, che nella Rete trovano riferimenti senza soluzione di continuità;

per la medicina generale, che esercita il suo ruolo in un sistema valorizzante e tutelante, ideale per sperimentare nuove proposte professionali, ambiziose ed innovative;

per le UCP, che imparano a non bastare a sé stesse come richiesto e imposto dallo scenario epidemiologico;

per il consolidamento delle cure palliative nel SSN secondo il modello previsto dalla normativa che rende finalmente evidenza, anche numerica, alle cure palliative di base;

per i servizi sociali, per gli stakeholder e per il terzo settore, che trovano un interlocutore operativo stabile e prevedibile.

La domanda che sorge spontanea è se il sistema oggi sia in grado di dare seguito ad un modello che prevede la stratificazione dei profili di cura con le relative responsabilità come descritto. Le questioni aperte sono importanti e riguardano il dimensionamento degli standard di professionisti dedicati e formati in grado di assumere il coordinamento delle Reti di cure palliative, il modello organizzativo presente e futuro della medicina generale e l’acquisizione di competenze necessarie per gestire il livello di cura di propria competenza, il ruolo atteso e agito dall’infermiere come case-manager del piano di cura. La questione va rivolta agli organismi istituzionali (Regioni, Aziende Sanitarie, Università) che si adopereranno per implementare il DM 77 e i requisiti per l’accreditamento delle Reti di cure palliative2. La SICP, attraverso il lavoro di tutti i soci, è e sarà doverosamente in prima fila per consolidare le Reti di cure palliative, dell’adulto e pediatriche, secondo il mandato e le tempistiche della Legge 106/20213.

Conflitti di interesse: gli autori dichiarano l’assenza di conflitti di interessi.

Bibliografia

2. Delibera del Consiglio dei Ministri, 21 aprile 2022. Delibera sostitutiva dell’intesa della Conferenza Stato-regioni, relativa allo schema di decreto del Ministro della salute, concernente il regolamento recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale». https://www.sicp.it/normative/2022/06/modelli-e-standard-per-lo-sviluppo-dellassistenza-territoriale-nel-ssn/

3. Legge 23 luglio 2021, n. 106. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2021/07/24/176/so/25/sg/pdf