Criteri di selezione del malato con scompenso cardiaco
da avviare a cure palliative

RAFFAELLA ANTONIONE1, SAVINA NODARI2, MANUELA FIERAMOSCA3

1S.S. Gestione Patologie Croniche Degenerative, Medicina Interna, Ospedale San Polo, Monfalcone (GO), Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, Trieste; 2Sezione di Cardiologia, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi, Brescia; 3Fondazione FARO Onlus, Torino.

Pervenuto e accettato il 10 settembre 2021.

Riassunto. L’integrazione precoce delle cure palliative (CP) nello scompenso cardiaco avanzato o terminale è efficace in termini di miglioramento della qualità di vita, dei sintomi fisici, del benessere spirituale. Esistono tuttavia difficoltà al processo di implementazione: la percezione che le CP siano antitetiche ai trattamenti “life-prolonging” o attinenti esclusivamente all’ambito oncologico e al fine vita, la difficoltà prognostica nello scompenso cardiaco avanzato, le comorbilità, la discordanza tra i sintomi percepiti dal paziente e le misure oggettive di severità di malattia. Per questo è necessario focalizzarsi sui “bisogni” del malato e della famiglia piuttosto che esclusivamente su strumenti oggettivo-numerici, che considerino e integrino aspetti generali di deterioramento, fattori clinici, bisogni psicologici, assistenziali, spirituali. Gli strumenti più efficaci e appropriati sono i PROMs (patient-reported outcome measures) o meglio i PCOMs (patient-centered outco- me measures), tra i quali ricordiamo il Needs Assessment Tool: Progressive Disease-Heart Failure” (NAT: PD-HF), l’Integrated Palliative Outcome Scale (IPOS), il NECPAL e il Supportive and Palliative Care Indicators Tool (SPICT). Importante inoltre riconoscere i trigger per indirizzare a un percorso di CP un malato con scompenso cardiaco avanzato (modifiche sostanziali nella traiettoria di malattia, comparsa di sintomi difficili e/o refrattari, interventi ripetuti e appropriati di defibrillatore impiantabile, previsione di trapianto o supporto meccanico, deterioramento delle capacità funzionali, comorbilità severe, necessità/bisogni di comunicazione anche per una pianificazione anticipata/condivisa delle cure).

Parole chiave. Cure di fine vita, cure palliative, scompenso cardiaco avanzato.

Selection criteria for patients with heart failure to be sent to palliative care.

Summary. Early palliative care (PC) integration in advanced and end-stage heart failure has shown to improve quality of life and spiritual well-being and to reduce physical symptoms. Barriers to implementation exist: perception that PC is opposite to “life-prolonging” therapies or is involved only in cancer disease and in end of life, prognostic difficulties in advanced heart failure, comorbidities, discrepancy between patient-reported symptom burden and objective measures of disease severity. This is why it is necessary to focus on patient and caregiver “needs” instead of exclusively numerical-objective measures, in order to emphasize clinical but also psychological, assistential and spiritual elements contributing to quality of life. The most appropriate instruments are “patient-reported outcome measures” (PROMs) or, better, “patient-centered outcome measures” (PCOMs), such as the Needs Assessment Tool: Progressive Disease-Heart Failure (NAT: PD-HF), Integrated Palliative Outcome Scale (IPOS), NECPAL and Supportive and Palliative Care Indicators Tool (SPICT). Finally, it is important to recognize triggers to initiate a PC approach (important changes in disease trajectory, difficult or refractory symptoms, frequent defibrillator shocks or transplant/mechanical support prevision, functional capacity decline, severe comorbidities, communication needs also for advanced care planning).

Key words. Advanced heart failure, end-of-life care, palliative care.

Introduzione

Negli ultimi anni la letteratura si è arricchita di molti studi che indicano l’importanza dell’inserimento delle cure palliative (CP) nel percorso di cura dello scompenso cardiaco (SC)1-15. Anche le principali società scientifiche cardiologiche riconoscono la necessità di un approccio condiviso soprattutto nelle fasi avanzate e terminali, sottolineando la necessità di integrazione con le terapie specialistiche16-18. Le linee guida nord-americane ed europee per lo scompenso raccomandano l’integrazione precoce delle CP nel percorso di cura dei pazienti con SC19,20 e uno statement dell’American Heart Association evidenzia come siano pertinenti durante l’intero de- corso della malattia18. Lo studio Palliative Care in Heart Failure (PAL-HF) fornisce evidenza dell’efficacia delle CP soprattutto in termini di miglioramento della qualità di vita, dell’ansia e della depressione, del benessere spirituale21,22, pur senza ridurre significativamente le riospedalizzazioni per scompenso e solo moderatamente quelle per cause non cardiache. Da altri studi emerge inoltre come fino al 98% dei cardiologi reputi necessario un approccio condiviso con gli specialisti palliativisti23, ma nella pratica clinica esistono difficoltà all’implementazione delle CP24 e i cardiologi avviano raramente (16% circa) pazienti con SC a CP e solo nell’ultima settimana di vita25.

Alcune delle barriere all’implementazione delle CP in ambito cardiologico sono la percezione che possano essere antitetiche ai trattamenti “life-prolonging” o attinenti esclusivamente all’ambito oncologico e al fine vita, e la difficoltà prognostica legata all’andamento fluttuante della malattia. Soprattutto la difficoltà prognostica e la scarsa efficacia degli strumenti a disposizione fanno sì che si debbano cercare altre modalità per iniziare un percorso di palliazione18,26. A complicare ulteriormente la valutazione vi sono inoltre le comorbilità e la politerapia che peggiorano la qualità di vita e aumentano il carico sintomatologico. Può esserci discordanza tra i sintomi e la qualità di vita percepita dal paziente e le misure oggettive di severità della malattia. La malattia può risultare in dipendenza nelle attività quotidiane, esclusione sociale, sofferenza spirituale, toccando domini non solo fisici8,10,27-29. È infine importante ricordare come la maggior parte dei malati in fase avanzata di malattia dipendano dall’assistenza di un familiare o di un caregiver il cui carico assistenziale, psicologico, emozionale e sociale può influire sulla qualità di vita e di salute non solo propria ma anche del malato30,31.

Criteri generali di valutazione

Da quanto illustrato risulta chiaro che l’integrazione delle CP nello SC avanzato deve fondarsi sui “bisogni” e sul carico sintomatologico complessivo del malato e della sua famiglia piuttosto che esclusivamente sulla prognosi25,31,32. Tutto ciò è in linea con le modificazioni epidemiologiche degli ultimi decenni, caratterizzate dall’aumento della sopravvivenza, dalla sempre maggiore prevalenza di soggetti anziani e poli-patologici, con conseguente aumento della complessità clinica e dei bisogni e della necessità pertanto di nuovi modelli di presa in carico globale33.

Con i limiti di una schematizzazione, che ha unicamente l’obiettivo di orientare a una corretta e tempestiva presa in carico condivisa, è importante considerare e integrare:

aspetti generali di deterioramento,

fattori clinici specifici di malattia cardiovascolare,

bisogni psicologici, assistenziali, spirituali.

La “domanda sorprendente” (Surprise Question), nell’ambito di un approccio multi-parametrico e usata esclusivamente nell’ambito di una valutazione multimodale e multidimensionale, è uno degli elementi che può aiutare il clinico, in maniera semplice e intuitiva, a valutare i bisogni di cure palliative. Chiedersi se “Sarei sorpreso se il mio malato morisse nell’arco dei prossimi 12 mesi” e rispondersi negativamente, induce il sanitario a riflettere sulla situazione globale del malato34. È importante tuttavia ricordare che il principale limite della domanda sorprendente applicata alle malattie non oncologiche, in particolare nello SC, risiede nella bassa specificità e nello scarso valore predittivo positivo34. Nei malati con SC la specificità varia dal 22%35 al 59%36, con un valore predittivo positivo del 52%, mentre la sensibilità si attesta all’85%, con un valore predittivo negativo dell’88%36. Non va quindi impiegata a scopo prognostico.

Nell’ambito della valutazione complessiva del “performance status” del malato cardiopatico in fase avanzata, può essere utile l’utilizzo di scale, come la Palliative Performance Scale (PPS), in grado di cogliere un deterioramento delle normali attività di vita quotidiana (come la capacità di deambulare, di autonomia nell’auto-cura, il grado di allettamento, ecc.), capaci di fornire un quadro sulla capacità funzionale residua37,38. Nello specifico, la PPS è fortemente correlata anche alla prognosi39.

Una particolare tipologia di malato con SC avanzato da avviare senza dubbio a CP è quello definibile come “end-stage”, caratterizzato dalla presenza, in terapia ottimale, di:

classe NYHA IV,

ipotensione arteriosa e/o importante ritenzione di liquidi40,

cachessia5,

più di un’ospedalizzazione negli ultimi 6 mesi41,

scarsa risposta alla resincronizzazione cardiaca,

necessità di frequente o continuo supporto farmacologico infusionale40.

La presenza di sintomi di difficile controllo o di recidive ripetute e ravvicinate di scompenso può e deve essere un momento di riflessione per il clinico42 costituendo potenziali momenti “trigger” per iniziare un percorso palliativo, sia in termini clinici, sia di conversazioni sulle preferenze future di cura, in parallelo ovviamente al mantenimento delle terapie specialistiche adeguate allo stadio di malattia43,44.

Considerando che il malato cardiopatico in fase avanzata, soprattutto se anziano, è affetto da molteplici comorbilità, è importante ricordare che anche la provenienza da lungo-degenza, da residenza sanitaria assistenziale, da domicilio con assistenza45, la presenza di grave deficit cognitivo46, la presenza di malattia neoplastica in fase metastatica (condizione sempre più frequente grazie a terapie oncologiche innovative)47 o altre condizioni come il trattamento dialitico48 o l’ossigenoterapia domiciliare/ventilazione meccanica non invasiva49 sono fattori da considerare per l’avvio di un percorso palliativo.

La valutazione dei bisogni del malato
e del caregiver

Il quadro clinico del malato e il suo inquadramento oggettivo devono essere completati dalla valutazione di tutta una serie di bisogni altrettanto importanti, che indagano aspetti sociali, spirituali, bisogni di comunicazione oltre ad aspetti familiari, nel doveroso e massimo rispetto delle preferenze di cura, dell’autonomia decisionale e del suo contesto di vita30,31,50-52.

L’aspetto sociale, spesso accompagnato da distress spirituale, è uno dei maggiori determinanti della qualità di vita e molti sintomi come ansia, depressione, dispnea e dolore risentono in modo importante di questa dimensione53. La storia naturale dello SC è caratterizzata da costante incertezza prognostica e da modifiche del ruolo sociale e professionale, oltre che del ruolo all’interno del nucleo familiare. I malati candidati a procedure invasive hanno distress psicologico aggiuntivo legato alle aspettative e incertezze del post-procedura54,55. Erroneamente non considerati come competenza “medica”56, queste valutazioni devono invece rientrare precocemente e devono essere sviluppate costantemente nel processo di follow-up del malato cardiopatico, senza aspettare la soglia di refrattarietà: costituiscono infatti momenti importanti non solo per la definizione del percorso di cura ma anche elementi indicativi di bisogni di CP57,58.

Quanto esposto può emergere anche in occasione di visite periodiche o di ospedalizzazione per acuzie cliniche ed è cruciale non rimandare discussioni e confronti aperti sulle reali prospettive di cura e di vita del malato, meglio se condotti in collaborazione con i palliativisti16.

Nella doverosa valutazione dei bisogni del malato rientra anche quella legata all’aspetto comunicativo e di informazione. I malati spesso non si rendono conto che la malattia li porterà a morte e pochi partecipano attivamente alla gestione del loro percorso di cura. Migliorare la comprensione del malato e dei caregiver circa la traiettoria di malattia e l’importanza della pianificazione anticipata delle cure/pianificazione condivisa (legge 219/17) è fondamentale per migliorare la qualità delle cure fornite, anche se i medici hanno spesso difficoltà ad af- frontare queste problematiche30,31. Sarebbe adeguato indagare preferenze relative a trattamenti medici aggressivi o intensivi57, aspettative del malato e della famiglia sui trattamenti, la comprensione sulla prognosi ed eventuali scelte (rifiuto/accettazione di determinati trattamenti rispetto ad altri)58-62, e se le opzioni di trattamento sono coerenti con le aspettative del malato63.

Per riassumere dunque, momenti di potenziale aggancio ai servizi di CP per il malato cardiopatico sono sia clinici (sintomi di difficile controllo o particolarmente debilitanti, episodi ravvicinati di SC anche con necessità di ospedalizzazione, nonostante terapie “disease-modifying”) sia socio-spirituali e assistenziali, compresi elementi di fragilità del nucleo familiare64. Tutto ciò deve avvenire anche in fasi precoci e accompagnare costantemente, in un confronto continuo con lo specialista cardiologo, il percorso di cura tradizionale, nell’ottica dell’integrazione e non dell’esclusione65.

Strumenti specifici di valutazione

Appare importante ricordare che tutte le valutazioni riguardo a sintomi e/o bisogni devono essere centrate sul paziente, in quanto soggettivi. In quest’ottica sono d’aiuto per identificare i bisogni fisici, psicologici, spirituali, sociali i PROMs (patient-reported outcome measures) o meglio i PCOMs (patient-centered outcome measures)66,67 (figura 1).




Uno strumento che aiuta nella valutazione dei bisogni globali del malato è il Needs Assessment Tool: Progressive Disease-Heart Failure (NAT: PD-HF). È stato inizialmente sviluppato in campo oncologico e in seguito adattato allo scopo di stimare i bisogni non soddisfatti dei pazienti con SC e dei loro caregiver ed esplora i domini fisici, psicologici, sociali ed esistenziali68,69. È rapido e di facile utilizzo ed è composto da quattro sezioni che valutano il benessere e la qualità di vita del malato, la possibilità e capacità del caregiver di fornire assistenza e di essere di supporto, le istanze e i bisogni del caregiver stesso ed eventuali elementi di criticità che, se presenti, potrebbero giustificare una valutazione palliativa specialistica42,70.

Per l’identificazione delle istanze psicologiche, sociali e spirituali di sofferenza uno strumento, che potrebbe essere utile nella valutazione multidimensionale della qualità di vita dei pazienti con SC, potrebbe essere la versione validata in italiano dell’Integrated Palliative Outcome Scale (IPOS)71,72. Rispetto ad altri strumenti, l’IPOS, validato in molte lingue e ambiti culturali, è adatto anche a chi non è cognitivamente integro (75% di malati più anziani) e si compila in maniera rapida (<10 min)73,74. È in grado di riconoscere i bisogni di CP sulla base dei sintomi lamentati dal paziente e della loro severità ed è stato testato anche nello SC in classe NYHA III-IV e in contesto ambulatoriale. È suddiviso in diverse sezioni che indagano la severità dei sintomi, lo stress del paziente e dei familiari, il benessere esistenziale e la qualità dei rapporti con la famiglia, il livello di informazione e i principali, eventuali determinanti il distress emotivo73.

Il NECPAL è anch’esso uno strumento utile per l’identificazione dei pazienti affetti da malattie cronico-degenerative di grado avanzato a rischio di morte con bisogni di CP. È stato testato sia in ambito ospedaliero che ambulatoriale e si basa, oltre che sulla “Surprise Question”, anche su indicatori clinici. Gli indicatori valutano sia domini (fattori nutrizionali, calo poderale, dipendenza per le normali attività di vita quotidiana, indicatori di fragilità come infezioni ripetute, disfagia, delirium, ulcere da pressione, rischio di caduta, presenza di comorbilità, necessità assistenziali complesse, distress esistenziale) sia specifici per SC (classe NYHA III o IV, dispnea a riposo, accessi ospedalieri ripetuti, misurazioni oggettive di frazione di eiezione, funzionalità renale, ecc.)75. Va comunque sottolineato che l’accuratezza prognostica della domanda sorprendente e del NECPAL nei malati con patologie croniche non oncologiche supera di poco il 50%75.

Infine, doveroso citare anche il Supportive and Palliative Care Indicators Tool (SPICT) nell’ambito degli strumenti per identificare il malato con bisogni inevasi di CP che beneficerebbero di approccio precoce e olistico mirato anche alla rimodulazione del percorso di cura e assistenziale, sia in ambito ospedaliero sia ambulatoriale. Si basa prevalentemente sull’utilizzo di indicatori clinici ed è particolarmente adatto a malati affetti da patologie croniche, tra cui cardiopatie, di grado avanzato76. Nella tabella 1 sono riassunte le principali caratteristiche degli strumenti citati77, che necessitano tuttavia di più ampi studi per testarne l’efficacia nei malati con SC28.

Implicito dire che l’utilizzo di più criteri o indicatori può aiutare il clinico a identificare diversi momenti in cui è necessario rimodulare e ripianificare il percorso di cura78.




Conclusioni

Gli elementi trigger per indirizzare a un percorso di CP, condiviso e simultaneo, il malato affetto da SC possono essere sia strettamente clinici, sia correlati a bisogni extra-clinici:

modifiche sostanziali nella traiettoria di malattia (comparsa di sintomi refrattari e/o difficili, interventi ripetuti e appropriati di defibrillatore impiantabile, previsione di trapianto o di supporto meccanico al circolo, deterioramento delle capacità funzionali);

modifiche dello stato di salute legato alla comparsa di co- morbilità importanti;

necessità/bisogni di comunicazione e confronto su istanze terapeutiche, discrepanza tra desiderio e proposte terapeutiche, scarsa conoscenza della prognosi, difficoltà nel caregiving e/o percorsi assistenziali.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Questo articolo è già uscito sul Giornale Italiano di Cardiologia (2020; 21: 272-7) con accordo di pubblicazione anche su Rivista Italiana di Cure Palliative per la rilevanza del tema, nell’ambito della collaborazione fra la Società Italiana di Cure Palliative e la Società Italiana di Cardiologia.

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