L’assistenza spirituale in cure palliative pediatriche

MARIO CAGNA1, LUCA MANFREDINI2

1Assistente religioso, Polo Ospedaliero di Lavagna, Asl 4 Chiavarese, Assistente spirituale in Hospice, Asl 4 Chiavarese, Direttore dell’Ufficio Pastorale della Salute della Diocesi di Chiavari; 2 “Il Guscio dei Bimbi” Cure Palliative Pediatriche – Istituto Giannina Gaslini Genova, Centro di Riferimento Regionale di Terapia del Dolore e Cure Palliative Pediatriche – Regione Liguria.

Pervenuto e accettato il 15 gennaio 2020.

Riassunto. Il presente articolo desidera dare alcuni spunti circa l’assistenza spirituale in cure palliative pediatriche. Per fornire questo tipo di assistenza ai pazienti vengono analizzati alcuni modelli di spiritualità infantile e della sua evoluzione. Quindi vengono esplorate le questioni che la spiritualità dei bambini seguiti in cure palliative potrebbe dover affrontare. Infine, vengono suggerite le possibili piste per pianificare un piano di cure circa il “coping spirituale”, fornendo spunti circa gli strumenti a disposizione e la gestione del distress spirituale. Infine, è importante ricordare che l’assistenza spirituale in cure palliative pediatriche deve essere offerta non solo al bambino, ma a tutta la sua famiglia.

Parole chiave. Bisogni spirituali, speranza, spiritualità, coping, bambini, cure palliative pediatriche.

Spiritual assistance in pediatric palliative care.

Summary. In this article we want to give some ideas about spiritual support in pediatric palliative care. To provide this kind of support to patients, we give a hint about some models of childhood religiosity and its evolution. Then we explore the issues that the spirituality of children who are followed up in palliative care might face. After we want to suggest ways to make a treatment plan for “spiritual coping”, providing ideas about the available tools and ideas about the management of spiritual distress. Finally, we recall that spiritual assistance in palliative care must be offered not only to the child, but to his/her entire family.

Key words. Spiritual needs, hope, spirituality, coping, children, paediatric palliative care.

La spiritualità

La spiritualità in ambito clinico

In ambito clinico la spiritualità viene definita dalla Consensus conference del 2013 “un aspetto dinamico e intrinseco dell’umanità attraverso il quale le persone cercano il significato ultimo, lo scopo e la trascendenza e sperimentano la relazione con sé, la famiglia, gli altri, la comunità, la società, la natura e il significativo o il sacro. La spiritualità si esprime attraverso credenze, valori, tradizioni e pratiche”1.

Esiste un ampio corpo di evidenze che dimostra una relazione tra spiritualità, religione e risultati clinici. La spiritualità e la religione contribuiscono in modo determinante al modo in cui le persone affrontano malattie e sofferenze. Provvedere ai bisogni spirituali e religiosi giova sia ai pazienti, sia al loro familiari che al Sistema Sanitario2.

La spiritualità in età pediatrica

La letteratura e l’esperienza clinica ci dimostrano come i bambini, fin dalla prima infanzia, abbiano una base spirituale che, modificandosi a seconda della capacità e delle competenze cognitivo-relazionali, attraversa differenti fasi di sviluppo, simili allo sviluppo fisico e psicologico pediatrico generale.

La spiritualità in età pediatrica si manifesta ed evolve a partire da un’esperienza della sfera emotivo-relazionale che affonda le sue radici nelle esperienze primarie del soggetto, nella relazione (all’inizio tutta emotiva, corporea, istintiva) del bambino con i propri genitori e con chi si è preso cura di lui.

La letteratura esistente, sebbene scarsa, suggerisce che i bambini abbiano una vita spirituale ricca ed intensa; aspetto che spesso va ben oltre la religiosità, attraverso la ricerca del senso della vita e del perché della malattia.

La spiritualità in età pediatrica
di fronte alla malattia grave

Questo fondamento spirituale può essere significativamente alterato dalla diagnosi di una malattia inguaribile, portando ad un aumentato rischio per condizioni psichiatriche, problemi comportamentali e angoscia spirituale.

Anche se la ricerca specificamente legata alla spiritualità nei bambini con malattie croniche/inguaribili è ancora scarsa, gli studi suggeriscono che la spiritualità (nella forma o meno della religiosità) gioca un ruolo preminente nella risposta dei bambini alla malattia cronica, ospedalizzazione, disabilità, cancro, terminalità e morte.

I bambini e gli adolescenti con malattie croniche/inguaribili/terminali, come i loro coetanei sani, hanno una ricca vita spirituale. La spiritualità è stata identificata come un fattore importante per la salute e il benessere generale anche dei pazienti pediatrici. Le risorse spirituali possono essere un potenziale fattore per sostenere o ostacolare la capacità di coping dei bambini; capire questo aspetto della loro esperienza di malattia è essenziale per fornire la migliore assistenza possibile ai bambini, agli adolescenti e ai loro familiari3.

Riconoscere i modelli di religiosità infantile (“come i bambini pensano Dio”)

Ogni bambino rielabora la religione come ricerca spirituale (legata o meno all’appartenenza formale ad una qualche chiesa o comunità) rispetto ai modelli che riceve dall’ambiente. I più comuni sono:

1. antropomorfismo (Dio è un uomo anziano): tendenza a percepire Dio secondo schemi dedotti da esperienze umane, legati alle esperienze primarie del soggetto;

2. artificialismo (Dio artefice del mondo): tendenza a immaginare ogni realtà come fabbricata da qualcuno in senso immediato e materiale;

3. finalismo (Dio giudice): tendenza a vedere in ogni cosa uno scopo, letto in termini morali e ad attribuire agli eventi del mondo esterno una intenzione benefica o malefica in relazione al proprio comportamento;

4. animismo (Le cose «sentono»): tendenza ad attribuire intenzioni, una coscienza o anima vivente, anche alle cose inanimate;

5. magismo (Dio grande mago): tendenza a considerare manipolabili a proprio vantaggio, in senso utilitaristico ed egocentrico le cose che ci circondano. Dio è onnipotente ma anche manipolabile che esaudisce le richieste4.

Alcuni modelli tendono ad essere superati nella crescita spirituale, altri si affinano. Talvolta si osserva un blocco dell’evoluzione.

Argomenti su cui gioca la spiritualità
dei bambini in cure palliative

Tra gli argomenti su cui gioca la spiritualità dei bambini gravemente malati e morenti sono stati osservati: le convinzioni sulla vita e sulla morte, la ricerca di significato e scopo della malattia e dell’esperienza della morte, la consapevolezza di sé, la conoscenza di vita interiore, fede, speranza, sogni per il futuro. Tali argomenti possono includere rituali spirituali, religiosi o culturali5,6.

La spiritualità è un “viaggio continuo e progressivo” per i bambini e per le loro famiglie e, come per l’andamento della loro patologia, anche le prospettive spirituali possono presentare, in parallelo alle condizioni cliniche, alti e bassi. Mentre alcuni bambini malati terminali possono sperimentare una crescita spirituale durante la loro malattia, altri possono sperimentare sofferenze spirituali. La religiosità e la spiritualità possono avere effetti sia positivi sia negativi sul benessere del bambino7.

La spiritualità del bambino è in evoluzione

In questo articolo prendiamo in considerazione il lavoro di un pedagogista e teologo, James W. Fowler (1940-2015), che a sua volta si è appoggiato al lavoro di Jean Piaget. Però non è tanto sulla sua teoria, con le peculiari fasi ivi descritte, che è importante focalizzare l’attenzione; piuttosto è utile quale stimolo a comprendere come la spiritualità sia un processo che fa parte del percorso di crescita del bambino (che in realtà prosegue oltre l’età pediatrica)8.

Questo processo è influenzato, ma non impedito, dalla malattia.

Gli stadi evolutivi della spiritualità:
“fede” e “religiosità”

Seguendo J.W. Fowler8, la parola “fede” non viene usata per descrivere la fede cristiana od un qualsiasi altro tipo particolare di fede o religione. Piuttosto con “fede” si intende la spiritualità, intesa quale insieme di credenze, valori e significati che danno coerenza e direzione alla vita delle persone1.

Questa “fede” (spiritualità) può essere considerata un’importante base d’appoggio per i legami dell’esistenza: la dimensione sociale (fiducia e lealtà) e la relazione con il trascendente. La “fede” (spiritualità) è il supporto che consente di affrontare e gestire le condizioni limite della vita umana, facendo affidamento su ciò che ha la qualità di assoluto nell’esistenza.

Quanto si riferisce a “fede”, “spiritualità” e “religiosità” viene considerato qualcosa di dinamico, che diventa patrimonio della persona attraverso un processo di integrazione e stabilizzazione, permettendogli la sua relazione sociale e con il mondo. Questo avviene fin dai primi momenti della vita.

In età pediatrica la fede-spiritualità (ed eventualmente la religiosità) è naturalmente in rapida evoluzione. L’interferenza della malattia grave o la morte imminente non ne bloccano l’evoluzione, ma la influenzano.

Individuare in quale stadio evolutivo sia il nostro paziente permette da un lato di non fare affidamento a risorse che non ha ancora maturato e, d’altra parte, di accompagnarlo ad accedere alle risorse che invece ha acquisito e gli che sono di enorme aiuto. È qualcosa che può e dove essere sostenuto.

Pertanto occorre conoscere gli stadi fisiologici di evoluzione per poi riconoscere le peculiarità di fronte alla malattia grave o alla terminalità.

“Gli stadi mirano a descrivere operazioni di crescita, conoscenza e valorizzazione che sono alla base della nostra coscienza”9.

Se le tappe di questa evoluzione arrivano fino all’età adulta, qui vengono prese in considerazione quelle peculiari dell’età pediatrica4,10,11.

I stadio (0-2 aa):
Fede primordiale o indifferenziata

La fede, intesa come modo di essere e di guardare la vita, nasce e si struttura secondo una modalità essenzialmente relazionale, affettivo-emotiva, legata al corpo e alle sensazioni; e tale esperienza precede e fonda ogni successiva acquisizione a livello cognitivo, di pensiero e di comportamento. Questo stadio si situa, evidentemente, in un momento antecedente lo sviluppo del pensiero e del linguaggio: in esso il neonato forma, inconsciamente, una sorta di disposizione originaria verso il mondo.

II stadio (3-6 aa): Fede intuitivo-proiettiva

Dio è inteso in senso antropomorfico; questa fase è imitativa, piena di fantasia, in cui il bambino è fortemente influenzato dagli esempi, umori, azioni e linguaggi della fede, così come è in grado di vederli negli adulti di riferimento; i processi che soggiacciono alla fantasia sono liberi e non subiscono alcuna inibizione da parte del pensiero logico; l’immaginazione è estremamente produttiva.

III stadio (7-10 aa):
Fede mitico-letterale (immaginazione-fantasia)

Dio interviene imprevedibilmente nelle vicende umane, ma si tratta di un Dio ancora esterno e onnipotente che punisce o ricompensa gli uomini a seconda delle loro cattive o buone azioni; il bambino inizia a fare propri i racconti, le credenze e le pratiche che simboleggiano l’appartenenza ad una comunità, ma queste vengono assorbite secondo il loro significato letterale; il racconto diviene, a questa età, il modo principale per dare unità e valore all’esperienza: più che per concetti, il bambino si avvicina alla religione attraverso racconti semplici e concreti.

IV stadio (adolescenza):
Fede sintetico-convenzionale

Compare il desiderio di una relazione più personale con Dio; la fede deve poter fornire un orientamento coerente nella confusione di tutti gli impegni vari di cui la persona si fa carico e “sintetizza” valori e informazioni, fornendo una base per l’identità. È uno stadio “conformista” nel senso che è sintonizzato sulle aspettative e i giudizi delle persone a cui si tiene; non si basa su giudizi personali che permettano di costruire e mantenere una prospettiva indipendente; l’autorità è riconosciuta in coloro che ricoprono i ruoli autoritari tradizionali o nel consenso di un gruppo ritenuto degno.

Evoluzione dell’idea di morte

Anche l’idea di morte ha una sua evoluzione: evolve la comprensione del morire e il modo in cui viene concepita la morte. In tabella 1 si riassume tale evoluzione.




Il coping spirituale in età pediatrica:
un vero piano di cura

Data l’importanza del “coping spirituale” nei bambini con malattie croniche/inguaribili seguiti in un percorso di cure palliative pediatriche, è evidente che affrontare questioni spirituali è assolutamente rilevante nella pratica pediatrica5,6,12.

Occorre attivare un percorso diagnostico e terapeutico in cui i sintomi di distress spirituale saranno rilevati, valutati e gestiti.

È importante:

la consapevolezza che è compito dei professionisti sanitari prestare attenzione a questo dominio della sofferenza globale,

avere a disposizione una “strumentazione” per la valutazione del bisogno spirituale,

avere conoscenza di percorsi di trattamento in un contesto di lavoro di équipe.

Il distress spirituale, se presente, deve essere prima di tutto riconosciuto. La sua genesi va poi ricondotta sia alla dimensione individuale che a quella relazionale. Sono infatti coinvolti diversi fattori (individuali, familiari ed ambientali). È importante l’attribuzione corretta della sofferenza spirituale ad uno o più di questi fattori in modo da orientare il nostro piano di cura12.

1. Fattori individuali:

a. il livello di sviluppo e capacità del bambino [vedi tabella 1: Evoluzione dell’idea di morte];

b. l’esperienza fisica di disagio del bambino e la capacità della famiglia di tollerarlo;

c. l’esperienza del bambino circa i sintomi emotivi (ansia, paura, agitazione, rabbia, frustrazione, ostilità, irritazione, risentimento, insicurezza, miseria, solitudine, tristezza, ecc.).

2. Fattori familiari:

a. i modi di affrontare la sofferenza del bambino da parte di quel nucleo familiare;

b. comunicazione familiare: rete relazionale tra bambino, famiglia e team sanitario;

c. c. background religioso o culturale: preferenze, credenze, rituali del bambino e della famiglia.

3. Fattori ambientali:

a. setting di cura: casa, ospedale, hospice;

b. Supporto sociale: colleghi, amici, altri familiari, comunità, team sanitario, ecc.12.

Strumenti

I bambini variano considerevolmente nel loro desiderio di discutere le loro credenze spirituali e desiderano farlo con differenti operatori sanitari.

Per tale ragione risulta essenziale mettersi a disposizione, con atteggiamento rispettoso ed obiettivo, all’ascolto della tematica spirituale e fornire strumenti che possano facilitare il soddisfacimento di questo bisogno.

Domande aperte e attenzione a indizi
in discorsi e comportamenti

Un recente studio ha esplorato la qualità della vita spirituale nei bambini con cancro avanzato utilizzando domande aperte per valutare le relazioni con un essere superiore, con sé stessi e con gli altri12.

Le domande aperte possono essere estremamente utili per esplorare la prospettiva di un bambino riguardo alla possibile sofferenza spirituale12. McSherry et al. hanno fornito esempi di domande aperte che potrebbero essere utilizzate per valutare i bisogni spirituali dei bambini, come “Vorresti parlare con me di questioni religiose o spirituali?” o “Cosa crede la tua famiglia [o tu] su ciò che accade dopo la morte?” 6.

La nostra valutazione dovrebbe includere anche l’identificazione di segnali ed indizi non verbali che possono manifestare la sofferenza spirituale.

I bambini, infatti, possono esprimere la loro sofferenza spirituale attraverso il gioco, i disegni, i giochi, le espressioni del viso o i sogni5,12.

Esempi che ci possono aiutare a far emergere le preoccupazioni a partire dal “non verbale”13:

utilizzare uno stimolo visivo, ad esempio una foto di un bambino da solo. Posso poi utilizzare una domanda (“Che cosa sta pensando questo bambino?”) per accompagnare il bambino;

la lettura di una storia sulla famiglia, la terra o gli spiriti. Anche qui un esempio di domanda: “Chi sono le persone e le cose più importanti nella tua vita?”;

chiedere al bambino di disegnare sé stesso e discutere il disegno. Puoi domandare: “Che cosa dice di te questo disegno?”.

La paura di essere soli potrebbe indicare dalla maggiore sensibilità di un bambino alla separazione, senza riferimento esplicito alla morte12.

Una preoccupazione spirituale per alcuni bambini12 è rappresentata da quanto lasceranno come “eredità”, come segno del proprio passaggio in questo mondo. “Cosa rimarrà di me?” o “I miei amici non si ricordano più di me”: possono essere indizi del bisogno di realizzare qualcosa di concreto che ci rimarrà dopo la propria morte, del bisogno di avvertire la differenza che la loro vita ha fatto per gli altri. Alcuni bambini potrebbero voler lasciare intenzionalmente un’eredità: regalare un proprio gioco speciale12 ad un operatore ha un forte significato spirituale, magari inconsapevole.

I bambini morenti sono spesso molto preoccupati per i propri cari che si lasceranno alle spalle12 e potrebbero per questo motivo dire cose come “Non preoccuparti, starò bene”.

Gli indizi di distress spirituale
nella comunicazione verbale

Se alcuni bambini mostrano sofferenza spirituale attraverso azioni o comportamenti non verbali, altri possono esprimere esplicitamente le loro preoccupazioni. Un adolescente può lottare con il significato della malattia con affermazioni indirette come “Non posso credere di morire... perché mi sta succedendo questo?”.

I bambini più piccoli possono esprimere preoccupazioni riguardo alla fine della vita (ad esempio chiedono ai membri della famiglia “La morte farà male? La morte fa paura?”).

Una valutazione spirituale richiede l’identificazione di possibili problemi o bisogni spirituali del bambino morente.

In tabella 2 sono riportati alcuni esempi di problemi spirituali identificati da parole di bambini morenti12.




Esempi di strumenti di valutazione qualitativi e quantitativi

È utile anche l’uso di strumenti strutturati per guidare gli screening spirituali, le storie e le valutazioni dei medici14.

Ad esempio, FICI (F.I.C.A.)15 e HOPE16 offrono guide per raccogliere una storia spirituale.

Il FICI (F.I.C.A.) è uno strumento semi-strutturato che è utile nella valutazione della spiritualità dei pazienti pediatrici (bambini ed adolescenti), ci permette di tracciare una storia (o anamnesi) spirituale15.

La valutazione dei parametri dello strumento HOPE potrebbe essere fatta nella forma dalla “Scala di Valutazione HOPE dei Bambini”, un indice di autovalutazione degli atteggiamenti a 6 items che è stato convalidato per l’uso con bambini di età compresa tra 8 e 16 anni17.

Le scale che misurano il lutto anticipatorio12 e la qualità della vita nel fine vita12 affrontano le preoccupazioni spirituali ed esistenziali, sebbene sviluppate per gli adulti piuttosto che per le popolazioni pediatriche. Tuttavia, queste scale per gli adulti potrebbero suggerire lo sviluppo futuro di scale analoghe adattate allo sviluppo per i bambini.

Un altro strumento utile è la scala B.E.L.I.E.F., che è una guida semplice e ampia (con 18 item). Può essere efficacemente utilizzata nella pratica clinica durante le visite di routine con genitori e bambini18.

Questo strumento ci aiuta a focalizzare l’attenzione anche sui genitori, perché sappiamo come sia importante l’influenza dei genitori sulla spiritualità dei bambini. La scala BELIEF può far emergere, per es., un eventuale loro coinvolgimento con gruppi religiosi, il che può essere d’aiuto, così come lo può essere il conoscere le credenze familiari propriamente religiose o spirituali18.

Gestione del distress spirituale

Dopo aver valutato la sofferenza spirituale, fatta una valutazione dei fattori coinvolti e identificato i bisogni spirituali, è possibile determinare ed attuare una gestione appropriata. L’obiettivo di affrontare la sofferenza spirituale è quello di facilitare l’incontro del bambino malato con la spiritualità e le questioni esistenziali legate alla sua morte19.

Il “National Consensus Project for Quality Palliative Care”20 ha sviluppato delle linee guida nella pratica clinica basate sull’evidenza che possono aiutare gli operatori sanitari nella gestione della sofferenza spirituale.

Tra le raccomandazioni:

1. coinvolgere professionisti con esperienza nel rispondere a questioni spirituali ed esistenziali comuni ai bambini e alle loro famiglie;

2. esplorare in modo regolare e continuo le preoccupazioni spirituali;

3. identificare il background religioso o spirituale / esistenziale;

4. facilitare il contatto con comunità, gruppi o singoli in grado di offrire sostegno spirituale;

5. essere sensibili all’uso dei simboli religiosi con rispetto delle diversità culturali e religiose;

6. facilitare l’uso da parte del bambino dei propri simboli religiosi / spirituali;

7. fare una rivalutazione periodica lungo la traiettoria della malattia12.

È fondamentale che gli operatori seguano le seguenti indicazioni:

esplorare come operatori la propria fede/spiritualità/interiorità;

essere aperti alla differenza culturale/religiosa;

massimizzare la qualità della “presenza” che portiamo all’incontro.

Per la cura spirituale in età pediatrica sono poi utili i seguenti suggerimenti (da adattare al singolo paziente):

aiutare il paziente ad avere un tempo e spazio tranquilli: creazione di spazi per bambini e adolescenti e per le loro famiglie, per esprimere i loro valori e le loro convinzioni senza censura e giudizio21;

creazione di un’atmosfera accogliente;

essere disponibili ad ascoltare il bambino che parla di preoccupazioni/intuizioni spirituali: la prima “azione terapeutica” spirituale è la capacità e la disponibilità del professionista a sostare con il paziente ed i suoi familiari;

dopo aver completato un compito assistenziale, rimanere presente solo per mostrare attenzione e dare al bambino la possibilità di potersi esprimere;

incoraggiare il bambino a disegnare immagini/scrivere pensieri che riflettano la sua concezione di spiritualità;

chiedere, sia al bambino sia ai suoi genitori, come si potrebbero incentivare/favorire le loro pratiche spirituali;

incoraggiare il bambino a parlare di ciò che dà significato alla vita;

aiutare il paziente a “lasciare il segno”, incentivarlo a lasciare “un’eredità” (regalare “oggetti speciali”);

collaborare con il paziente nella redazione di lettere indirizzate a persone “importanti”;

incoraggiare l’uso di facoltà immaginative22: l’uso dell’arte attraverso vernici, argilla, pietra, tessuto e filati, così come di teatro, musica, danza e video;

favorire la stesura di poesie, testi scritti e storytelling sono altri modi per guidare l’immaginazione per la promozione del benessere23-25;

aiutare concretamente nell’organizzazione dell’incontro con il cappellano/assistente spirituale/ministro del culto, concedere il permesso di visitare i leader religiosi secondo le tradizioni di fede seguite dal bambino e dalla famiglia21,26, incoraggiando le letture dei testi sacri (es. Bibbia/Corano) e la preghiera, se ciò è in accordo con la famiglia ed il sistema di credenze del bambino/famiglia ed è fonte di supporto;

i membri dell’equipe multidisciplinare siano formati a coltivare l’apertura alla spiritualità dei pazienti e delle famiglie attraverso l’ascolto empatico20;

assicurare al bambino e all’adolescente anche un’adeguata assistenza spirituale in rapporto e nel rispetto delle differenti culture e credenze religiose, considerando anche le differenti ritualità, con lo scopo di aiutare il paziente ad affrontare i complessi e molteplici interrogativi nella ricerca di un senso, di un perché della malattia;

discutere e condividere con i colleghi i bisogni di cure spirituali dei pazienti.

La famiglia del paziente

Un modo efficace per fornire assistenza spirituale ad un bambino è fornire assistenza spirituale ai genitori e alla famiglia in senso lato.

È assolutamente essenziale includere la famiglia come fulcro dell’intervento spirituale. La sofferenza dei membri della famiglia può colpire anche fratelli o sorelle, che siano bambini o adolescenti27. Pertanto, comunicare con i membri della famiglia e cercare di soddisfare i loro bisogni spirituali può ridurre al minimo la sofferenza dei bambini o degli adolescenti che non sono oggetto diretto delle cure mediche.

L’attenzione ai cambiamenti nello stato spirituale dei bambini e delle loro famiglie è tanto importante quanto sapere che la spiritualità in età pediatrica è complessa28, intima, che i risultati attesi potrebbero non essere raggiunti o mantenuti, e che questi non sono solitamente immediati.

Conclusioni

Nella dinamica dello stato spirituale, “la vita spirituale è un lavoro continuo; non è qualcosa da concludere”22 (Nye 2009, pag. 46).

Come professionisti siamo consapevoli che “la comunicazione è tempo di cura” (legge 219/2017), ma anche che il tempo è una risorsa limitata. Per fornire supporto spirituale occorre spendere bene tempo con il bambino e la famiglia, dando qualità (e, se possibile, quantità) al tempo della nostra presenza.

Questo impone anche di trovare il giusto equilibrio tra la corretta distanza terapeutica e la capacità di intimità. La cura spirituale richiede all’operatore di mettersi in gioco in modo empatico (mantenendo con attenzione e delicatezza la corretta vicinanza professionale).

In un setting di cure palliative, particolarmente quelle pediatriche, si richiedono qualità umane, competenze relazionali, capacità di gestione dei linguaggi (verbale e non verbale) e dell’intensità del tempo speso con il paziente ed i suoi familiari.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitti di interessi.

Bibliografia

1. Puchalski C, Vitillo R, Hull S, et al. Improving the spiritual dimension of whole person care: reaching national and international consensus. J Palliat Med 2014; 17: 642-56.

2. Puchalski C. The FICA Spiritual History Tool 274. J Palliat Med 2014; 17: 105-6.

3. Fulton RA, Moore CM. Spiritual care of the school-age child with a chronic condition. J Pediatr Nurs 1995; 10: 224-31.

4. Tavella S. Psicologia delle identità religiose: dire Dio secondo l’approccio psicologico e psicoanalitico. Università Carlo Bo di Urbino 2019. Available from: https://scienzereligiose.uniurb.it/pdf/DireDio.pdf

5. Lanctot D, Morrison W, Koch K, Feudtner C. Spiritual dimensions. In: Carter B, Levetown M, Friebert S, eds. Palliative care for infants, children, and adolescents: a practical handbook. 2nd ed. Baltimore, MD: John Hopkins Press; 2011: pp. 227-43.

6. McSherry M, Kehoe K, Carroll JM, et al. Psychosocial and spiritual needs of children living with a life-limiting illness. Pediatr Clin North Am 2007; 54: 609-29.

7. Drutchas A, Anandarajah G. Spirituality and coping with chronic disease in pediatrics. R I Med J 2013; 97: 26-30.

8. Fowler JW. Stages of faith: the psychology of human development and the quest for meaning. San Francisco, California: Harper & Row, 1981.

9. Fowler JW. Faithful change: the personal and public challenges of postmodern life. Nashville, Tennessee: Abingdon Press, 2000: p. 56.

10. Diana M. Dio e il bambino. Psicologia e educazione religiosa. Torino: Elledici Leumann, 2007.

11. Diana M. Ciclo di vita ed esperienza religiosa. Aspetti psicologici e psicodinamici. Bologna: EDB, 2004.

12. Foster TL, Bell CJ, Gilmer MJ. Symptom management of spiritual suffering in pediatric palliative care. J Hosp Palliat Nurs 2012; 14: 109-15.

13. Moriarty W. A conceptualization of children’s spirituality arising out of recent research. International Journal of Children’s Spirituality 2011; 16: 271-85.

14. Puchalski C, Ferrell B, Virani R, et al. Improving the quality of spiritual care as a dimension of palliative care: the report of the consensus conference. J Palliat Med 2009; 12: 885-904.

15. Puchalski C, Romer Al. Taking a spiritual history allows clinicians to understand patients more fully. J Palliat Med 2000; 3: 129-37.

16. Anandarajah G, Hight E. Spirituality and medical practice: using the HOPE questions as a practical tool for spiritual assessment. Am Fam Physician 2001; 63: 81-9.

17. Snyder CR, Hoza B, Pelham WE, et al. The development and validation of the children’s hope scale. J Pediatr Psychol 1997; 22: 399-421.

18. King M, Jones L, Barnes K, et al. Measuring spiritual belief: development and standardization of a Beliefs and Values Scale. Psychol Med 2006; 36: 417-25.

19. Sulmasy DP. Spiritual issues in the care of dying patients. JAMA 2006; 296: 1385-92.

20. National Coalition for Hospice and Palliative Care. Clinical Practice Guidelines for Quality Palliative Care, 4th edition. www.nationalcoalitionhpc.org/wp-content/uploads/2020/07/NCHPC-NCPGuidelines_4thED_web_FINAL.pdf Accessed: November 10th, 2020.

21. Rosenbaum Jl, Smith Jr, Zollfrank R. Neonatal end-of-life spiritual support care. J Perinat Neonatal Nurs 2011; 25: 61-9.

22. Nye R. Children’s spirituality: what it is and why it matters. London UK: Church House Publishing, 2009.

23. Elkins M, Cavendish R. Developing a plan for pediatric spiritual care. Holist Nurs Pract. 2004; 18: 179-86.

24. Ettun R, Schultz M, Bar-Sela G. Transforming pain into beauty: on art, healing, and care for the spirit. Evidence-based complementary and alternative medicine. London UK: Hindawi Publishing Corporation, 2014.

25. Pfund R. Review: nurturing a child’s spiritualityJ Child Health Care 2000; 4: 143-8.

26. Neuman ME. Addressing children’s beliefs through Fowler’s stages of faith. Journal of Pediatric Nursing 2011; 26: 44-50.

27. Mueller CR. Spirituality in children: understanding and developing interventions. Pediatr Nurs 2010; 36: 197-203, 208.

28. Coles R. The Spiritual Life of children. Boston US: Houghton Mifflin Harcourt 1990.