Il bisogno di cure palliative

CARLO PERUSELLI1, LUCA MANFREDINI2, Tania Piccione3, LUCA MORONI4, LUCIANO ORSI5,
IN RAPPRESENTANZA DEL GRUPPO DI LAVORO SICP–FCP

1Past-president SICP; 2Direttore Hospice “Il Guscio dei Bimbi” Istituto Giannina Gaslini, Genova; 3 Coordinatrice regionale Samot Onlus; 4Past-president FCP; 5Vicepresidente SICP.

Pervenuto il 22 gennaio 2019.

Riassunto. La progettazione delle reti di cure palliative (CP) deve tenere conto del bisogno di CP nella popolazione adulta e pediatrica. Il bisogno di CP e la definizione della complessità di tale bisogno sono gli elementi fondamentali che permettono di organizzare CP efficaci ed efficienti. Questo articolo contiene una revisione della letteratura scientifica sul bisogno di CP e una sua integrazione con la dinamica demografica ed epidemiologica della popolazione.

Parole chiave. Cure palliative, bisogni complessi, stima dei bisogni, bisogni e domanda di cura sanitaria.

The need of palliative care.

Summary. Planning palliative care (PC) networks has to take in consideration the need of PC in adults and in paediatric populations. Evaluation of PC’s needs and complexity of these needs are fundamental issues for PC programs’ implementation. This paper contains a review of scientific evidence about PC’s need and its integration with demographic and epidemiological population’s trend.

Key words. Palliative care, evaluation of needs, population-based approach.

Introduzione

Nella primavera del 2018 la Società Italiana di Cure Palliative (SICP) e la Federazione di Cure Palliative (FCP) hanno istituito un Gruppo di Lavoro (GdL) in comune per analizzare alcuni dei problemi più attuali relativi all’implementazione e all’organizzazione delle Reti di cure palliative (CP): la misura del bisogno di CP, la definizione della complessità delle cure in relazione al predetto bisogno, le relative risposte organizzative, nonché i costi ad esse correlati e i sistemi di finanziamento e le tariffe. L’intento del GdL è quello di produrre documenti tecnici propositivi fondati sulle evidenze della letteratura e sulle vigenti normative nazionali, che tengano anche conto delle esperienze nazionali e locali italiane. Tali documenti possono supportare le istituzioni nazionali e regionali, le Reti Locali di CP, i programmatori sanitari delle istituzioni sanitarie locali nel formulare modelli organizzativi e piani di cura coerenti con il bisogno di CP e rispettosi della complessità dei malati in fase avanzata e terminale di malattia, oncologica e non oncologica.

Questo articolo contiene la prima parte del documento in progress ed è pertanto centrato sulla stima del bisogno di CP riferito sia alla popolazione adulta che a quella pediatrica.

Gli “scenari” demografici ed epidemiologici per le cure palliative stanno cambiando

Secondo quanto riportato nel 2009 da un articolo pubblicato sulla Rivista “Lancet”1, l’aspettativa di vita degli abitanti dei paesi ad elevato sviluppo economico è aumentata dai 49 anni degli inizi del XX Secolo ai 79 anni nel 2000, secondo una curva di incremento di 2,5 anni in più ogni 10 anni. Si prevede che la proporzione delle persone con età > 60 anni raddoppierà nel mondo entro il 2050 e che il numero assoluto di queste persone triplicherà. Il numero stimato dei centenari passerà dagli 441.000 (nel 2013) a 3,4 milioni nel 20502.

I cambiamenti demografici in atto stanno condizionando profondi cambiamenti epidemiologici, legati al progressivo e crescente invecchiamento della popolazione; questi cambiamenti provocheranno un grande incremento dell’incidenza delle patologie croniche degenerative, spesso ad evoluzione fatale.

In anni recenti, c’è stato uno iato relativo nell’aumento del numero dei morti, dovuto all’incremento della aspettativa di vita nella popolazione generale. Nei prossimi anni questa situazione terminerà (in alcuni Paesi è già terminata) e il numero dei morti aumenterà progressivamente. In uno studio recente condotto in Portogallo3 è stato calcolato che il numero dei morti in quel Paese con età > 85 anni è raddoppiato fra il 1988 e il 2010, in un contesto di aumento del numero complessivo dei morti.

Questi cambiamenti in atto hanno già oggi importanti implicazioni per lo sviluppo delle CP, e altre ne avranno in futuro4; le persone anziane rappresentano oggi più dei due terzi di tutti i pazienti assistiti dai servizi specialistici di CP. Negli Stati Uniti5, questi cambiamenti stanno già producendo modifiche molto significative nella composizione degli “hospice users” (figura 1). Negli anni ‘90, la percentuale di “hospice users” con M. di Alzheimer era 1,1%, nel 2014 questa percentuale era cresciuta fino al 14,8%; gli “hospice users” con cancro erano il 75,6% nel 1992, il 35,6% nel 2014. Secondo David Currow “è necessario prevedere nuovi paradigmi di intervento per le cure palliative in una situazione demografica ed epidemiologica in costante transizione. Le persone anziane o molto anziane oggi vivono lunghi periodi della propria vita con malattie croniche complesse; una attenzione particolare deve essere posta al riconoscimento delle fasi di passaggio da una relativa stabilità al momento nel quale queste malattie sviluppano un andamento progressivo e instabile che porterà alla morte”4.




Per quanto concerne i neonati/bambini/adolescenti malati, negli ultimi decenni si è assistito ad un lento e continuo cambiamento dei bisogni di assistenza palliativa: si è infatti evidenziato un netto incremento della prevalenza dei bambini portatori di malattia inguaribile e/o disabilità grave (nuove tipologie di pazienti che vivono anche per lunghi periodi di tempo) poiché il progresso medico e tecnologico ha di fatto ridotto la mortalità neonatale e pediatrica, ma nello stesso tempo ha aumentato la sopravvivenza di pazienti pediatrici portatori di malattia grave e potenzialmente letale (nuove situazioni e nuovi obiettivi di “salute” spesso integrati, multispecialistici ed interistituzionali)6.

Evoluzione socio-economica: il cambio del contesto sociale ed economico

Le condizioni di salute, la qualità della vita e, per questa via, il fabbisogno assistenziale e il ricorso ai servizi sanitari sono fortemente influenzati da determinanti di carattere economico e sociale in evoluzione nel nostro paese. Conoscere l’intensità e la regolarità di questo effetto è importante per determinare correttamente le politiche di allocazione delle risorse e quelle di prevenzione.

La relazione tra stato socioeconomico e salute a livello individuale è stata approfonditamente analizzata attraverso studi comparativi europei che hanno dimostrato la presenza di eccessi significativi di mortalità tra le persone più svantaggiate rispetto a quelle più avvantaggiate, in tutti i paesi esaminati e indipendentemente dall’indicatore sociale utilizzato (istruzione, classe occupazionale, reddito).

Analogamente alla mortalità, la morbosità riferita è più alta tra le persone di più bassa posizione socioeconomica, comunque sia misurata7,8. A questo quadro si affianca anche un accesso ridotto alla prevenzione e all’assistenza specialistica da parte delle persone più svantaggiate9,10.

In Italia la situazione risulta sovrapponibile a quella degli altri paesi dell’Europa occidentale. I dati nazionali delle indagini Istat confermano infatti che anche in Italia sono presenti disuguaglianze di salute su tutte le dimensioni considerate e per qualsiasi indicatore di posizione socioeconomica.

La stratificazione sociale è responsabile delle disuguaglianze nell’esposizione e nella vulnerabilità all’effetto dei fattori di rischio materiali, ambientali, comportamentali e a limitazioni di accesso a cure appropriate; allo stesso tempo la stratificazione sociale aumenta la vulnerabilità alla malattia. Ognuno di questi meccanismi è una potenziale porta di ingresso per le politiche sociosanitarie di contrasto.

L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) misura una differenza di longevità tra persone con alto e basso livello di istruzione di 1,5 anni per le donne e 3,1 anni per gli uomini11. In un contesto di crescente disoccupazione, di diminuzione del potere d’acquisto per le famiglie e di alti indici di povertà, il 30,2% delle persone di oltre 65 anni con risorse economiche scarse o insufficienti dichiara di stare male o molto male. La percentuale scende a meno della metà (14,8%) tra coloro che possono godere di risorse economiche ottime o adeguate12.

Secondo i dati forniti dall’Istat nel 2017 circa 5 milioni di individui (l’8,3% della popolazione residente) si trovano in situazione di povertà assoluta, in aumento rispetto al 7,9% del 2016 e al 3,9% del 2008. Le famiglie in povertà assoluta, secondo stime preliminari, sarebbero 1,8 milioni, con un’incidenza del 6,9%, in crescita rispetto al 6,3% del 2016 (era il 4% nel 2008)13.

Assistiamo inoltre in Italia ad un costante declino demografico: al 1-1-2018, l’Italia conta circa 60,5 milioni di residenti, con un’incidenza della popolazione straniera dell’8,4% e perde ogni anno circa 100.000 abitanti14.

Cambia la composizione familiare: dopo una fase accentuata di rinvio delle nozze tra il 2009 e il 2014, dal 2015 i matrimoni hanno ripreso ad aumentare (oltre 4 mila unità in più rispetto all’anno precedente) e la tendenza si è accentuata nel 2016 (+9 mila) ma le separazioni e i divorzi sono in forte crescita; con l’introduzione del “divorzio breve” a metà 2015 si verifica un aumento dei divorzi del 57,5% rispetto al 2014 e un +20,1% nel 201614.

Alcuni indicatori inoltre delineano una famiglia sempre meno capace di assistenza alle persone anziane e malate:

ad oggi quasi una famiglia su tre è costituita da una sola persona e il numero medio di componenti per famiglia è passato da 3,35 nel 1971 a 2,4 nel 201115;

si diventa genitori sempre più tardi. L’età media alla nascita del primo figlio per le donne è di 31 anni nel 2016, in continuo aumento dal 1980 quando era 26 anni14;

la maggior parte delle donne over 75 vive sola (51%), mentre il 58% degli uomini over 75 è a carico delle mogli anziane15;

i giovani lasciano la famiglia; nel decennio si assiste a saldi nettamente negativi per tutte le aree del Mezzogiorno verso le città del nord. Mentre le immigrazioni dall’estero si sono ridotte da 527 mila iscritti in anagrafe nel 2007 a 337 mila stimati nel 2017, nello stesso periodo le emigrazioni degli italiani per l’estero sono invece triplicate, da 51 mila a 153 mila14.

L’aumento della sopravvivenza, il contrarsi del numero di nascite, il rallentamento della crescita della componente straniera, l’aumento dell’instabilità coniugale e la riduzione dell’ampiezza familiare hanno profondamente modificato la dimensione, la struttura e la consistenza della rete assistenziale, impattando sui ruoli degli attori che la compongono e sulle loro interconnessioni14.

A fronte di tali cambiamenti, risulta fondamentale che i modelli organizzativi dei sistemi sociosanitari garantiscano a tutti i cittadini adeguati standard di salute, con una particolare attenzione alle situazioni di disuguaglianze sociali di salute.

La sfida attuale è mettere i decisori politici nelle condizioni di fare una programmazione a lungo termine delle politiche sanitarie stabilendo obiettivi strategici e priorità, a partire dall’individuazione dei determinanti sociali, economici e ambientali di salute e delle loro conseguenze sulla capacità delle famiglie di rispondere ai crescenti bisogni assistenziali.

Il bisogno di cure palliative nella popolazione adulta

Negli ultimi anni, numerosi studi a livello internazionale si sono proposti di valutare il bisogno di CP nella popolazione generale; la misurazione di questo dato è naturalmente fondamentale per una corretta programmazione e organizzazione degli interventi volti a dare una risposta a questi bisogni.

Negli anni ’90, Irene Higginson16 condusse uno dei primi studi sui bisogni di CP nella popolazione, includendo i morti per cancro e per sei gruppi di patologie non oncologiche, moltiplicando la numerosità di questi gruppi di pazienti per la prevalenza dei sintomi presenti in ciascuna delle condizioni patologiche. In questo primo studio, erano tuttavia sottovalutate molte patologie non oncologiche e in particolare i bisogni dei malati con demenza.

Nel 2005, uno studio condotto da Rosenwax et al.17 incluse, nella stima dei bisogni complessivi di CP nella popolazione, i morti causati da 10 patologie (cancro e non cancro), definendo tre diversi livelli quantitativi di stima del bisogno. Oggi, le ipotesi proposte da questo studio, pure interessanti, sono considerate sottostimate rispetto al bisogno potenziale reale.

Nel 2012, Gomez-Batiste et al.18 hanno stimato un bisogno di CP presente nel 75% di tutti i morti/anno, includendo tutte le patologie croniche ad andamento evolutivo e a prognosi limitata.

Nel 2014, Murtagh et al.19 hanno stimato un bisogno di CP presente in una percentuale di morti/anno compresa fra il 69% e l’84%.

Partendo dalle stime proposte in questi quattro studi, altri autori hanno cercato recentemente di analizzare la situazione dei bisogni di CP nel contesto di singoli Paesi europei e non, compresa l’Italia.

Pivodic et al.20 nel 2014 hanno condotto uno studio sui bisogni potenziali di CP nella popolazione (calcolati con le stime proposte da Rosenwax nel 2005) e sui luoghi di morte in 14 paesi, compresa l’Italia, analizzando le schede di morte riferite all’anno 2008. Per l’Italia, è stato calcolato un bisogno di CP in 242.000 morti/anno, corrispondente al 42% di tutti i morti, con una percentuale che sale al 47% nelle persone morte con età ≥ 80 anni. Tale dato risulta sottostimato rispetto a successive valutazioni.

Kane et al.21, nel 2015, hanno pubblicato uno studio relativo alla situazione in Irlanda. Utilizzando prevalentemente le stime proposte da Murtagh, hanno valutato un bisogno potenziale di CP in quel paese presente nell’80% di tutti i morti (con la seguente distribuzione: 30% dei malati affetti da cancro, 70% dei malati non affetti da cancro).

Uno studio condotto da Morin et al.22 in 12 Paesi non solo europei, compresa l’Italia, è stato pubblicato nel 2016 su “Palliative Medicine”. Sono stati calcolati i bisogni di CP nella popolazione analizzando le schede di morte del 2008 per gli adulti con età > 18 anni, considerando le diverse incidenze di patologie croniche degenerative: per questo scopo, sono state utilizzate le stime proposte da Rosenwax nel 2005, dall’Osservatorio Nazionale Francese sulle Cure di Fine Vita e da Murtagh nel 2014. In questo studio, sono state calcolate, paese per paese, anche le percentuali relative alle tre “traiettorie di fine” proposte da Murray. Per quanto riguarda l’Italia (figura 2), le stime sono state del 38% di tutti i morti (Rosenwax), del 72% (Osservatorio Francese), dell’80% (Murtagh); le stime di Rosenwax si sono confermate sottovalutate rispetto alla realtà attuale.

Per quanto riguarda le tre “traiettorie di fine vita”, per l’Italia (su un totale di 575.000 morti nel 2008) è stato stimato che il 29,9% di tutti i morti ha vissuto una fase finale della propria vita secondo una curva “a declino rapido” (prevalentemente per cancro), il 37,6% secondo una curva di peggioramento “a declino variabile” (prevalentemente per insufficienze d’organo), il 5,6% secondo una curva “a declino lento nel tempo” (demenze, m. di Alzheimer, ecc.).

In un articolo pubblicato da Etkind et al. nel 201723 è stato stimato il bisogno di CP nella popolazione dell’Inghilterra e del Galles, con una proiezione fino al 2040. Sono state utilizzate due metodologie per la valutazione di queste stime:

– metodo 1: 75% di tutte le morti18

– metodo 2: basato sulle stime relative ad alcune cause di morte19, con due varianti: una prima che mantiene le relative proporzioni di patologia invariate a partire dal 2014; una seconda (indicata come più probabile e realistica) che considera invece una variazione progressiva in percentuale per le diverse patologie negli anni futuri.

Utilizzando il metodo 1, si stimano oltre 90.000 morti in più con bisogni di cure palliative in Inghilterra e Galles nel 2040 rispetto al 2014 (corrispondenti al 75% di tutti i morti previsti in quella data). Utilizzando il metodo 2, si calcola che l’87% di tutte le morti nel 2040 avverranno in persone con bisogni di CP. In particolare, considerando le stime secondo il metodo 2, si calcola che ci sarà un incremento dei morti per cancro da 143.000 a 208.000 (+52%) e dei morti per demenza da 59.000 a 219.000 (+271%): queste due patologie, secondo gli autori di questo studio, saranno in gran parte responsabili dell’incremento dei bisogni di CP.




Infine, due documenti prodotti e pubblicati in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno ulteriormente definito una stima ormai sempre più attendibile dei bisogni di CP nella popolazione.

Il WHO-WPCA Atlas sulle CP24 afferma che l’incidenza del bisogno di CP nella popolazione può essere calcolata in Europa in circa 560 persone morte/anno ogni 100.000 adulti residenti; di questo numero complessivo di persone, sempre in Europa, il 60% è affetto da patologie diverse dal cancro e il 40% da patologie di origine neoplastica.

Una recente pubblicazione, di Xavier Gomez-Batiste e Stephen Connor25, definisce una stima di prevalenza, nella popolazione dei paesi ad elevato sviluppo economico, di pazienti con bisogni di CP dell’1-1,4%. Viene anche definita una stima di prevalenza del bisogno di CP presente nel 40-65% delle persone assistite in strutture residenziali e del 40% dei malati ricoverati in ospedale. In questa pubblicazione, si confermano anche come particolarmente attendibili le stime di incidenza dei morti/anno con bisogni di CP proposte da Murtagh nel 2014 (69-84% di tutti i morti).

Il bisogno di cure palliative nella popolazione pediatrica

Molti dei bambini con bisogni di CP, pur essendo affetti da patologie inguaribili, possono avere una buona qualità della vita per lungo tempo e continuano a crescere e confrontarsi con le diverse fasi di sviluppo fisico, psicologico, relazionale e sociale che l’età pediatrica comporta.

Le cure palliative pediatriche (CPP) non sono, infatti, le cure della terminalità (presa in carico di bambino/famiglia solo nel periodo strettamente legato all’evento della morte), ma prevedono l’assistenza precoce alla inguaribilità: iniziano al momento della diagnosi, non precludono la terapia curativa concomitante e continuano durante tutta la storia della malattia, prendendosi carico della risposta ai molteplici bisogni che la situazione comporta. Si differenziano per molti ambiti dalle CP rivolte al paziente adulto: non solo per patologie tipiche dell’infanzia, ma anche perché devono modularsi alle peculiarità biologiche, psico-relazionali, cliniche, sociali, etiche e spirituali del paziente pediatrico e rispondere ad una tipologia e quantità dei bisogni del tutto peculiari che condizionano scelte e azioni dedicate e specifiche.

Lo spettro di patologie potenzialmente eleggibili alle CPP, che comprende malattie neurologiche, muscolari, oncologiche, respiratorie, cardiologiche, metaboliche, cromosomiche, sindromico-malformative, infettive, post anossiche, ecc., è eterogeneo ed ampio come lo è lo spettro dei bisogni che innescano e delle modalità di presa in carico necessarie (figura 3).

Anche da un punto di vista numerico il problema non è da sottovalutare. Si stima che nel mondo vi siano più di 20 milioni di bambini eleggibili alle CPP. Negli Stati Uniti sono più di 500.000 i bambini che ogni anno sviluppano e/o nascono con patologie inguaribili. In Europa, come del resto in tutti i paesi industrializzati, la prevalenza di bambini con “life-limiting conditions” è rilevante e risulta in progressivo incremento.




L’OMS24 ha proposto una stima del bisogno specifico di CPP nelle diverse aree del mondo: per quanto riguarda l’Europa, questo bisogno è stato quantificato in circa 20 bambini ogni 100.000 residenti con età inferiore ai 15 anni che ogni anno muoiono con questo tipo di bisogni.

Un recente studio inglese26 ha stimato una prevalenza di 32 casi per 10.000 nel 2009-2010, prevalenza raddoppiata rispetto alla precedente stima di 16 su 10.000 nel 2007 (figure 4 e 5).

Di questi bambini, circa l’85% è affetto da patologie non di origine neoplastica: una popolazione di malati con caratteristiche cliniche e necessità assistenziali profondamente diverse da quelle degli adulti.

Attualmente, la carenza di servizi di CPP e le risposte di assistenza a disposizione per la fascia pediatrica sono ancora limitate. Questa carenza è evidente anche a livello europeo, dove in un terzo dei paesi le CPP sono del tutto assenti, e dove solo in poche realtà (12% dei paesi) vi sono servizi di CPP integrati accessibili a bambino e famiglia.







Sintesi dei dati pubblicati, riferiti alla situazione in Italia

Nel 2017 sono morte in Italia circa 647.000 persone (dato ISTAT), con un incremento del 5,1% rispetto all’anno precedente. La popolazione italiana è (dati ISTAT 2017) di 60 milioni 494 mila residenti, di cui il 13,4% (8.100.000) con età inferiore ai 15 anni e 52.388.000 adulti.

Considerando quanto descritto in precedenza, i dati stimati che possiamo ricavare per lo scenario nazionale (naturalmente da adattare e ricalcolare per le singole regioni) sono i seguenti.

prevalenza dei pazienti con bisogni di CP (popolazione adulta): 524.000-733.000 (1-1,4%);

incidenza dei pazienti con bisogni di CP nel loro ultimo periodo di vita (popolazione adulta): 293.000 pazienti/anno (stima OMS – 560 ogni 100.000 residenti adulti). Di questi, il 60% con malattie diverse dal cancro e il 40% con cancro;

incidenza dei pazienti con bisogni di CP nel loro ultimo periodo di vita (% rispetto al numero totale di morti/anno): 465.000-517.000 (72%-80% del totale)18,19,22.

Si può quindi stimare, sulla base dei dati di letteratura, che ogni anno in Italia muoiano fra le 450.000 e le 500.000 persone adulte con bisogni di CP nel loro ultimo periodo di vita.

Per quanto riguarda l’incidenza di pazienti pediatrici con bisogni di CP nel loro ultimo di vita, si può stimare che il numero totale di questi pazienti è di 1600 (stima OMS – 20 ogni 100.000 residenti con età < 15 anni).

In Italia un’indagine di prevalenza del 2009, eseguita con criteri d’inclusione molto restrittivi, mostrava che almeno 12.000 bambini fossero eleggibili alle CPP (10 minori su 10.000)27; oggi si stima che in Italia la numerosità abbia superato le 30.000 unità analogamente a quanto accaduto in Gran Bretagna. Di questi circa il 5-10% sono bambini giunti alla fine della loro traiettoria di vita (bambini morenti).

Si stima che una quota non superiore al 15% dei bambini eleggibili abbia accesso alle CPP e questo nonostante la Legge 38/2010 sancisca le CPP come diritto del bambino ed i successivi provvedimenti attuativi (condivisi ed approvati in Conferenza Stato-Regioni) ne definiscano modalità e modelli di cura di riferimento.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Gruppo di lavoro SICP (Società Italiana di Cure Palliative) – FCP (Federazione Cure Palliative); coordinatori: L. Orsi e L. Moroni; membri SICP: C. Peruselli, L. Manfredini, G. Di Silvestre, G. Fortini, R. Bertè, M. Guarda, T. Piccione, MG. Bonesi; membri FCP: E. Castelli, S. Bastianello, B. Rizzi, A. Ventimiglia, V. Guardamagna, C. Magnani.

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